di LauraVestrucci
L’apertura del Museo Paleontologico Rinaldo Zardini risale all’agosto del 1975, e bisogna ammettere che esso ancora oggi è una delle tappe più affascinanti di un percorso di conoscenza del territorio di Cortina. Non lo offuscano la bellezza del paesaggio dolomitico nella conca d’Ampezzo e tutte le prospettive mozzafiato che si possono scoprire e godere salendo verso le cime attraverso i boschi in estate o con gli impianti di risalita, anche in inverno, le stesse che fanno nascere nel visitatore il desiderio di puntare l’obiettivo della propria digitale. Il valore estetico, in questo caso, non è disgiungibile dal valore scientifico e storico, perché questa grandiosa scena di natura giunge al nostro sguardo intatta dopo un percorso storico di milioni di anni. Intatta o con quelle variazioni che l’incidenza dei fattori naturali ha gradualmente determinato. Se quasi tutti, ormai, sappiamo cosa sia accaduto al nostro pianeta dalla sua origine ad oggi, non molti possono conoscere da quale nucleo di eventi e di materie si siano originate le rocce dolomitiche e in particolare queste che tutto il mondo ci invidia. E’ perciò un vero vantaggio che anche a Cortina sia stato aperto un museo paleontologico nel quale ciascuno, grande o piccolo, possa ripercorrere la linea della storia e vedere come si sono originate le Tofane o il monte Cristallo o le Cinque Torri. Come il museo etnografico ci ha dato la possibilità di conoscere la storia e le tradizioni del popolo ampezzano, così il museo paleontologico ci svela il mistero di trasformazioni immani avvenute almeno 200 milioni di anni fa. E lo può fare grazie alla curiosità, alla costanza e alla passione di un naturalista ricercatore e poi catalogatore di fossili. In primis, fu la curiosità che mise in movimento Rinaldo Zardini, quando nel lontano 1935 trovò nel rio Boite per caso, disse, ma forse perché il suo occhio era già incline alla ricerca, una pietra che gli parve inusuale, poi quando ebbe la certezza, per ripetute consultazioni, che si trattava di un corallo fossilizzato, ebbe il motivo per cercare in modo sistematico altri esemplari simili. E li trovò, proprio ai piedi del Faloria: coralli e spugne fossili. Andate al museo e potrete capire quanto il naturalista-botanico Rinaldi fece per coinvolgere nel suo studio i più famosi esperti studiosi nelle diverse università del mondo, al punto di ricevere una Laurea honoris causa in Scienze Naturali e altri titoli importanti del settore.
Seguite l’itinerario studiato dai curatori e rimarrete stupiti dalla storia geologica delle dolomiti, scoprirete che in questa area esisteva un mare tropicale molto simile all’attuale mar dei Caraibi e che da lunghi e ripetuti cicli di innalzamento e ritiro delle acque con conseguenti sedimentazioni si formarono le dolomiti.
Il 3 gennaio 2013, dalle ore 17,00 c’è un appuntamento per i giovanissimi nella sezione didattica: con “ambracadabra” saranno guidati nel mistero di una goccia di resina che diventa un prezioso elemento. Il 16 febbraio 2013, dalle ore 17,00, invece, “Il museo incanta” farà conoscere gli elementi di natura e i meccanismi delle loro trasformazioni e interazioni.
Alle 17, dopo le piste innevate, il fascino delle origini delle dolomiti ampezzane.